– Buonasera contessa.
– Buonasera, carissimo Aldo.
– Oggi giornata bella, contessa.
– Troppo bella, carissimo Aldo,
non fa né freddo... né caldo.
– E... la noia, contessa?
- La che?...
- La no-ia.
– Pa... pa... papa... papa.
– Sempre la stessa.
– Ciò mi dite di nuovo?
Bravo.
– Cosa dirvi di nuovo?
Mi credete cosí ingenuo?
Nemmeno mi ci provo.
– Bravo.
E passate per giovine bizzarro...
per uomo... tanto strano.
Strano... bizzarro...
bizzarro... strano...
Bravo.
– Cotesta bella veste, contessa,
la vidi proprio iersera
precisa... a una borghese.
– E fu inventata a Parigi
che non è ancora un mese:
sempre cosí, si sa.
– A Parigi fumano l’oppio.
- A Parigi...
– Verrà presto la moda anche da noi.
– Certo verrà, poi.
Le belle cose da noi sono un mito,
noi siamo quelli di ieri... o di poi.
Che governo pitocco!
Ma... di nuovo?
– Di nuovo...
la gallina ha fatto l'uovo.
- Ecco.
Bella consolazione,
dover vivere tanto
per vedere tutti i giorni
le medesime cose.
Giunge il sole e se ne va,
cresce e cala la luna.
Sempre uguale il sole,
la luna è sempre uguale,
non cambian di colore.
Identiche le stelle.
- Purtroppo.
- Azzurro il cielo
azzurro il mare:
val la pena
di aprire una finestra per guardare?
- Ma...
- Verde il prato
verde il bosco:
il color vostro lo conosco, ahimè.
- Non ci badate.
- Si aspettano le solite persone
alle solite ore,
che ci vengon davanti
con la solita faccia,
non è facile sbagliare,
e con identica voce
ci dicono le identiche parole.
E non giova il cambiare,
che se pure ti sembrano
l'uno all'altro diversi
nelle forme o gli aspetti,
ti diran tutti alla stessa maniera:
«Buongiorno contessa,
contessa, buonasera».
Tutti i giorni si nasce...
e tutti i giorni si muore.
Quando si nasce c'è la levatrice,
quando si muore... c'è il dottore.
- Preferisco la lavatrice.
- Io no, il dottore.
Che ci si viene a fare?
Che ci si fa?
Si può sapere?
Si sa?
- Calmatevi, contessa.
- E dire che vorrei, solo per una volta,
vedermi nuova nel mio specchio.
- Come?
- Nuova, diversa da sempre,
e diverse da tutte.
- Aver due bocche?
- Magari, ma è un caso comune.
- Lo so. Un occhio dietro?
- Dove?
– Nella testa.
– Ah, sí...
– Un dente sulla punta del naso?
– Meglio senza naso, nel caso.
– Due teste?
– Comune comune.
– Sette teste? Tredici gambe?
– Comune comune.
Ieri sera per dormire
mi son fatta tre volte
la puntura di morfina.
– Tre volte!
– Sono poche? Sono molte?
– Ma vi pare? La morfina!
– «La morfina!» La mor-fi-na.
– Vorreste diventare d'un tratto
regina o imperatrice?
Antonietta? Messalina!
– Uhm... forse sarebbe meglio...
- Una poveretta.
- Forse.
– Povera molto, vivere d'elemosina,
essere giú, nel fango...
- Forse.
– Insultata...
- Certo.
- Battuta...
- Almeno.
- Magari nel mezzo della strada
sull'ultimo gradino dell'abiezione,
come una donna perduta.
- Sí.
- Venduta.
- Sí.
- Essere vilipesa... prostituta!
- Insultata... battuta... venduta...
almeno per provare,
ma... come fare, noi...
Chi ci può insultare?
- Voi? Io.
- Siete troppo gentile, poveretto.
- Eccomi qua.
- Siete troppo corretto.
- Mi proverò.
- E non riuscirete
che a noiarmi di piú.
- Ma... proviamo.
- E ci tenete tanto?
- Oh! Dio... cosí... tanto per fare.
- Dirò io per la prima.
- Sentiamo.
- Ma no, ma via, ma no,
perché?... no... povero sciocco, no...
- Stupida d'una donna.
- ... poetucolo... pitocco.
- Vescica con la gonna.
- Imbecille! Cretino!
Omo... da nulla.
- Povera grulla!
- Grullone! Scimunito!
Rammollito! Buffone!
- Smencitissima vacca!
Porcona, puttana, vigliacca!...
- Basta basta basta,
mio carissimo Aldo,
non crediamo di dirci
qualche cosa di nuovo,
sensazione nuova io già non provo,
la cerco, ma non la trovo.
Amiamoci piuttosto,
l’amore è tanto vecchio...
mi sembrerà piú nuovo.
– Sì? Purché voi ritorniate come allora.
– Quando?
– Quando mi ascoltavate
senza pensare al male,
ed erano assai meno noiose
le vostre serate.
– Mi avete amata voi?
Ed io vi ho amato, ohibò!
- Non dico questo, no...
- Doveva essere molto noioso
il nostro povero amore
se lo abbiamo troncato
e nemmeno ce ne ricordiamo.
– Era... una parola sola, allora...
Ricordate ieri sera?
– Ieri sera?
– Quella mia parola...
– Quale? Dite, mi fate venir male.
– Quando fu?...
– Certamente vi sbagliate,
fu la sera avanti.
– Ve l’avevo già detta?
– Uh! Centomila sere,
capirete, se è sempre la stessa...
Basta, basta, non la ridite,
lasciatemi morire in pace...
sono malata.
– Che sarà di voi?
– Di me?
– Buonanotte contessa.
– Buonanotte, carissimo Aldo.