E anche i pranzi e le cene
devono essere numeri nel programma
fra la gente perbene.
Si pranza così felicemente da per sè,
nella più completa libertà,
ma bisogna sottostare,
come si fa?
Qualche pranzo di etichetta
in tutta la stagione,
qualcuno familiare,
e, per non crepare dalla noia,
ogni tanto, ci sta bene,
faccio uan cenettina alla boccaccio.
Prendo posto al centro della tavola,
alla mia destra Ginnasia,
a sinistra Guglielmina,
in fronte Cherubina
come padrona di casa.
Io che fo le mie cene
con un uovo, o con due frittelline,
e me ne avanza,
quanto disgusto provo
al passare d'ogni nuova pietanza,
che mi conviene un po' assaggiare
per la buona creanza.
La cena procede con brio
e con molta eleganza,
chi si diverte meno sono io.
Se non fosse Stellina,
se non fosse Cometuzza,
adorabili sorelle,
ch'ogni tanto mi vengono a raspare dentro il piatto,
io rido a crepapelle,
oppure saltano in mezzo al tavolo
e si mettono a beccare i fiori del bocchè
come se fosse un cavolo.
Quale gioia per me!
Se non fosse Cherubina,
con qualche smorfiettina
piena di simpatia.
Dà uno scappellotto al servitore
che le porge il vassoio,
prende mezzo pollastro tutto per sè,
ahimè! ahimè!
Ficca un osso dentro la bottiglia,
eppoi ci va a guardare
piena di meraviglia.
Mangia un pochino troppo colle mani
si sa,
buffa! buffa!
Qualche invitato certo sbuffa
come si fa,
che cosa ci posso fare io
se la padrona di casa è una birichina?
Alle volte, perfino,
si mette col suo culo sul suo piatto,
e non di rado
su quello del vicino,
io rido come un matto,
e Cherubina lo rifà.
«Queste sono vere indecenze,
sono degli orrori!»
Già si sente gridare.
«Infine Cherubina ha ragione,
vi ho invitati ad una cena…. boccaccesca,
miei nobili signori!»
Ma il peggio viene
quando si tratta d'un convito d'onore,
o di cene fra persone del gran mondo,
mi sento una pietra nel cuore,
chi mi ci porta in fondo,
con questa moglie qui,
e due sorelle come queste?
Conosco in precedenza il mio destino
e mi trovo già pronto
a una figura da spazzacamino.
Fin dal principio truce la guardo,
la mia birbona,
e sa quello che voglio,
ella si siede sulla sua poltrona
e sembra una papessa in soglio.
Ci starà?
Per il momento pare che ci stia,
io balbetto una prece alla Vergina Maria.
Ma che è che non è,
con una grazia piena d'incanto,
questa signora senza vergogna,
sulla pelata del cavaliere accanto
vi posa un tortellino di Bologna.
Signore Iddio, io schianto.
E ad un tratto me la vedo sparire,
e insieme qualcheduno fuggire dalla sala.
«Che è? Che è stato?»
«Cherubina ha levato la parrucca
alla consolessa del Guatemala!»
Tutti s'alzano e protestano,
schiamazzano,
la sala è in confusione.
«Orrore! Orrore!»
«Hanno fatto la cacca
nel bicchierino dell'ambasciatore!»
Ma anche i pranzi e le cene passano,
e la pace desiderata
ritorna nel mio bel castello.