LA MANO

Pagina 1
...

Tutti sapete bene
che cosa sia una mano.
Una mano!
Chi è che non l'à vista?
Ma non potete sapere
in che consista
una mano che non s'è mai vista.

In un angolo della mia stanza c'è
un morbido divano,
al quale ogni sera mi do
puntualmente
alla stess'ora,
per il mio terribile perchè.
È l'ora della mano.
Quel divano è quello della mano.
M'abbraccia, m'affonda, m'assorbe,
mi fa nido, il mio divano,
ed io mi lascio andare
con trepidazione paurosa,

Pagina 2
...

abitudinaria
aspettativa morbosa.
Da una certa sera
tutte le sere alla medesim'ora.

In questa stanza
vagola, brancola,
vive senza posa,
una mano che non si vede,
e che si posa solamente
quand'io sono disteso sul divano.
Enorme mano morbida,
fatalmente forzuta,
eppur voluttuosa.
Perchè gira nella mia stanza?
Non m'ha ancora
carezzato abbastanza?
Fu qui amputata a qualcuno
e vi rimase inoperosa
nella sua avidità di carezzare?
Mano fortissima
e insieme affettuosa,
mano che sa tanto bene carezzare,
che sembra quella d'un gigante buono
avvezza, per innata generosità,
alla più tenera carezza.

Avete mai pensato
alla dolcezza che può dare
la carezza della mano

Pagina 3
...

d'un gigante buono?
Quella mano che potrebbe stritolare,
e che invece vi accarezza?
E lo sapete bene
che basterebbe una stretta,
ma vi lasciate andare.

La mano m'accarezza m'accarezza,
ed io mi lascio tutto andare
a tale ebbrezza.
Io sono in suo potere ormai;
ed essa mi liscia i capelli,
me li solca,
la fronte, le tempie,
le palpebre mi socchiude,
mi gira dietro il collo,
(io non ci vedo più)
mi palpa sulla nuca
pigiando come per cercare,
più forte, più forte,
m'afferra ad un tratto
per la pelle del collo
strettamente
come un povero gatto.
Io non vedo più la stanza,
non sento più il divano,
solo la stretta di quella mano
sopra il collo.
E ora mi porta via.
Lo so bene ormai
dov'essa mi conduce,

Pagina 4
...

l'ò fatta tante volte
la sua via,
identica ogni sera.

È buio fuori,
sono accesi languenti lampioni,
le strade sono bagnate,
tutte infangate.
All'angolo del vicolo
brigate di lenoni,
puttane a brigate.
Eccoci nella tua via,
tra il bordello e l'osteria.
Pel vicolo oscuro
mi sento strofinare la terra,
sbattere il muso nel fango, nel muro.
Si passa la solita porta
della solita osteria,
il solito cancello
dello sganasciato solito bordello,
sempre lì mi conduci,
sudicia mano!
Fosti amputata, dimmi,
ad una gran puttana,
nella sala di questo castello?

Le puttane che aspettano, si sa,
alla vista del cliente
mi vengono incontro tutte contente.
– Buona sera biondino!

Pagina 5
...

– Buona sera, eccoti qua!
– Come sei mingherlino!
– Non vieni mica qui per far camorra?
– Il giuoco di Lischino lo conosci?
– Devi aver poca borra!
Flaccide, seminude,
facendo ballonzare
con pesantezza
i seni sui ventri flosci,
mi ronzano attorno
quelle puttane;
ed io le sto a guardare
con compostezza.
– Sembri il bambin Gesù!
– Non vedete non ne può più!
– Via, su su ti riscaldiamo!
Mi spingono in mezzo a loro
sballottandomi,
cantano in coro come forsennate
il più osceno girotondo
a gambe spalancate,
e gridano sconciamente inebbriate:
– Fatti sotto fatti sotto!
S'alzano tutte le sottane
quelle vecchie puttane disfatte.
– Fatti sotto fatti sotto!
– Ascoltate!
Io sono quel signore...
che vive in quel castello!
(mi ricordo non so come
in quel momento.)
– Ahahahahahah!

Pagina 6
...

– Lassù....
– Ahahahahahah!
– Quel signore....
– Dio! (non mi ricordo
più il nome!)
In quel castello....
– Ahahahahahah!
– Bello! Bello!
– Sei un povero matto, poverino!
– No, sono quel signore....
il nome.... il nome....
non lo ricordo più!
Chi mi ci à portato?
– Da te ci sei venuto!
– Musino da flanellista!
– Chi mi ci à portato?
– Il diavolo che ti riporti!
– La scusa l'ài trovata bella!
– È venuto a far flanella!
– È venuto a far flanella!
– Buttatelo giù dalle scale!
– Fuori fuori, è robetta!
– È bene che si faccia male!
– Non sappiamo che farcene noi,
di quei signori!
– L'ànno preso a civetta!
Mi gettano dalle scale,
infuriate le puttane,
e mi corrono dietro.
Quando mi sento andare,
e sono sull'orlo del precipizio,
la mano mi sostiene, mi sostiene.

Pagina 7
...

E fuori mi gridano i lenoni
all'angolo sotto i languenti lampioni,
m'inseguono le puttane
come tanti cani.
Tutti mi gridano e m'insultano!
La mia carne lacerata,
in possesso della mano,
seguita ad essere sbatacchiata.

I miei occhi goccianti
lagrime verdi e rosse
non vedono più,
la mia bocca sanguina giù giù
sotto colpi di tosse.
Non odo più che lo scherno,
le grida di quella gente,
gli urli delle prostitute
e dei lenoni; tutti sono scappati fuori,
e m'inseguono, m'inseguono.

Ora la mano mi sottrae,
mi fa fuggire rapidamente
alle terribili ire
di tutta quella gente.
Intravedo la mia via
per la campagna,
mi par di sentire il mare.
Intravedo il mio cancello,
l'ombra del mio bel castello
nella terribile agonia.

Pagina 8
...

Penetrano l'unghie acutissime
dentro la mia nuca in brandelli,
(io non ò più la forza
di respirare,
lascio fare)
e l'unghie penetrando
s'aprono tutte le porte,
brandello per brandello,
dentro l'ultimo lembo del mio cervello:
ecco: la morte!
Io mi sento veramente morire.
La mano piano piano
m'adagia sul morbido divano.

M'alzo trasfigurato,
mi vado a guardare nello specchio,
la mia faccia è d'uno strano pallore,
sono vitrei i miei occhi.
La mia bocca serrata
è dissanguata.
Le mie narici spalancate
palpitano con affanno.
Ò sognato? No.
Non dormo, io sogno ogni sera,
tutto l'anno,
quella via,
per quella mano che m'avvolge
nelle dolci spire,
e mi trascina nel fango
per farmici morire.
Ma io la potrei fuggire tale mano:

Pagina 9
...

mi direte:
bruciate quel divano!
A quell'ora che sapete
andate a passeggiare,
non vi ci dovete sdraiare,
in fondo voi soffrite, poveretto!
Cambiate la camera da letto.
È vero, è vero,
miei buoni, miei cari,
perdonate,
è.... come l'abitudine del male,
io non so rinunziare
quando mi sento accarezzare
da quella mano,
e mi lascio andare,
e so dove,
e fin dove.

Pensate, pensate
che disperazione
per uno come me,
dovere ogni sera lasciare
il mio bel castello
per andarmi a ingolfare
nelle sozzure
come l'uomo più volgare.
Tutte le sere sentirmi trascinare,
come un fanciullo
dal canto della sua nutrice
per tante porte d'oro
nel regno delle fate!

Pagina 10
...

Quali sono le mie fate!
Quali sono le mie porte!
Dovere ogni sera provare
che cos'è la morte!

E ritornando nel mio bel castello,
temere d'incontrare
gli sguardi familiari,
perché possono capire i miei cari
dove sono stato!
Certamente Cherubina ormai à capito,
mi guarda senza dirmi nulla
al mio ritorno, e pensa:
che cattivo marito!
E Stellina, e Cometuzza,
mi guardano con occhio pio pio,
che mi dice assai bene:
dove sei stato,
fratellino mio?