L'Arcario

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La stanza più bella e più grande
di tutto il casamento
luogo di ritrovo elevatissimo
un tempo
di rappresentanza e di raccoglimento.
All'Arcario montava la guardia
nel tempo che fu
un'apposita squadra
di notte e di giorno
il fiore della nostra gioventù
vestiti con magnifiche uniformi
di raso rosso e di velluto blu
custodi gelosissimi
del Cofano e dell'Arche
e adorna tutta intorno
la stanza
dei legni più rari e più varî
con intarsi preziosissimi
e inverosimili trafori
da stare a paragone
in fatto di boiseries
coi più raffinati e celebrati capolavori.
Scolpite le soglie e il soffitto
di ebano di avorio e palissandro
ed è sì lucido il pavimento
che sembra respingere il piede
e il tuo ardimento.
Al centro c'è il Cofano
che a quel tempo celava il tesoro
ammasso di diamanti favoloso
di gemme e d'oro
oramai spalancato e deserto
come una casata distrutta dalla peste
e rimasta con l'uscio aperto.
Situate ad uguale distanza fra loro
quasi fossero preparate
per eseguire una danza
le Arche gli fanno circolo

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e nella feralità di quel silenzio
sembrano sul punto
di eseguire un coro.
Una soltanto rimane serrata:
perché?
racchiude dunque una salma
quell'Arca?
Macché!
Racchiude una piccola
e povera cosa
ma viva, vivissima,
e irreparabilmente sepolta,
tanto piccola che non si vede
contiene la mia volontà
alla quale nessuno crede.
Hanno preso gli antichi
i miei morti
ciascheduno la propria morendo.
Le Arche sono vuote
e con la bocca spalancata
come persona che per fame sia trapassata.
Io vivo: irrimediabilmente sepolta ella resta.
Oh! mia volontà,
tenerissima sposa da me divorziata
dal dì delle nozze
mia dolcissima metà
che pena ci facciamo tutti e due
nati per l'unione felice
e divisi
con una crudeltà che non si dice.
In questo deserto che agghiaccia
tu mi senti intorno a te
girandolone e con che faccia
senza senso e senza meta senza riva
e io ti penso disgraziata
costì dentro sepolta viva.
Mi potessi almen vedere:
basterebbe una fessura
attraverso questo legno
per potermi contemplare:

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un attimo di luce nelle tenebre
della nostra sventura
e di questa suprema noia
ammesso che io non ti facessi paura.
Se trovassi veramente la maniera
d'averti liberata
per ridarti la mia destra
chi mi assicura che tu non fossi
una sposina tanto leggera
da fuggirmi per la finestra?

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Passano tante cose
frettolose e diverse
miserevoli e favolose
belle e brutte
e tu
non ti fai caso di niente
quasi fossero uguali tutte.
Non son tuo figlio dunque
non esco dal tuo grembo
non m'hai voluto con te
se io
mi fo caso di tutto
perfino di me.