Dal tetto cadon giù
un dopo l'altra
l'ore,
le lascia giù cadere
l'orologio a martello
in colpi secchi
uguali
tutte sul mio cervello.
E ognuno di quei colpi
m'è come una puntura,
come se mi strappassero un capello.
Ore sole come solo pane
per oggi e per dimane
e per tutti i giorni di tutte le settimane.
Mattutine, vespertine,
popolate da campane
vicine e lontane.
Ore del sole,
che non ridete a chi v'aspetta sole.
Ore grigie, ore nere,
silenzio delle campane
vicine e lontane.
Vien da qui presso
spampanato il coro
dell'antico convento delle Nazarene,
sfogano in coro le loro pene
a tutte l'ore
(e lo spampana il vento)
anche per esse l'ore son sole.
«Al cielo, al cielo, al ciel...
la gloria o Signor!»
Ore della notte, ore del sole,
uguali tutte
che non ridete a chi v'aspetta sole.
Ore sole come solo pane
per oggi e per dimane
e per tutti i giorni di tutte le settimane.
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Davanti alla mia porta
si fermano i passanti per guardare,
taluno a mormorare:
«là, dentro quella casa,
la gente è tutta morta,
non s'apre mai quella porta,
mai mai mai».
Povera porta mia!
Grande portone oscuro
trapunto da tanti grossissimi chiodi,
il frusciare più non odi
di sete a te davanti.
Dagli enormi battenti di ferro battuto
che nessuno batte più,
nessuno ha più battuto
da tanto tempo.
Rosicchiata dai tarli,