Dal castello di Miramare
una mattina di primavera
(ero fanciullo)
ti vidi azzurra
e cantavi nel sole.
Dall'acqua grigia
nell'alba densa d'estate
t'avvicinavi bianca e muta
come una città dell'Oriente.
In un tramonto d'autunno,
dalle vette del Carso
ti vidi rossa
come una città medioevale.
In una notte d'inverno,
dalle fucine di Servola
incendiate,
ti vidi oscura
sotto un velo funebre.
Trieste,
non sei più una città sulla terra,
non son di pietra le tue case,
i tuoi cittadini non son di carne:
per ognuno di essi
due italiani hanno dato il sangue
(sublime riscatto)
per essi ancora
i cittadini d'Italia vogliono morire.
Il tuo dolore turba sul guanciale
la testa folta dell'adolescente
e fa pesare
la testa insonne del vecchio.
Come una città del sogno
sei permeata d'amore,
e come una città del Paradiso
sei fabbricata di luce.
La folle prepotenza teutone
non ti piegò.
Né giunse a lambirti
la torbida invadenza slava.
Un tenero sorriso inglese
vi affinerà le penne?
1946