Dal castello di Miramare
una mattina di primavera
ero fanciullo
ti vidi azzurra
e cantavi nel sole.
Dall’acqua grigia
nell’alba densa d’estate
ti avvicinavi
bianca e muta
come una città dell’Oriente.
In un tramonto d’autunno
dalle cime del Carso
ti vidi rossa
come una città medioevale.
In una notte d’inverno
dalle fucine di Servola
incendiate
ti vidi oscura
sotto un velo funebre.
Trieste
non sei più una città della terra
non son di pietra le tue case
i tuoi cittadini non son di carne
per ognuno di essi
due italiani hanno versato il sangue
sublime riscatto
per essi ancora
i cittadini d’Italia vogliono morire.
Il tuo dolore
turba sul guanciale
la testa folta dell’adolescente
e fa pesare
la testa insonne del vecchio.
Come una città del sogno
sei permeata d’amore
e come una città del Paradiso
sei fabbricata di luce.
La prepotenza teutone
non ti piegò
né la torbida invadenza slava
giunse a lambirti la fronte
un tenero sorriso inglese
non vi affinerà le penne.