«Etto grammo chilo mezzochilo,
cacio burro prosciutto salame
acciughe salacche baccalà...»
Sono voci del gergo
di questo untuoso reame.
«Mi serve o non mi serve, diobonino,
ho tanta fretta!»
«Aspetti»
«Mi dia retta»
«Venga qua»
«Mi mandi via.»
S’infuria una servetta,
una s’acqueta.
«Il solito formaggio
ma con poca corteccia.»
E una sicura mano
apre una breccia
nel parmigiano.
Molla e tira tira e molla
poca corteccia e dimolta midolla.
Aver fretta e aspettare,
pesare tagliare affettare,
entrare andar via...
Son le note costanti
della quotidiana sinfonia
in un’antica pizzicheria.
«Mamma mia!
E che poesia
volete che sia
dentro un negozio di pizzicheria?
Se diceste fiori o seteria...
se avete detto in quello dell’antichità,
certo ce ne sarà,
ma non in quello lí
venite via,
per carità!
Mio caro, siatene persuaso,
per la fretta che avete di giungere alla mèta
questa volta siete evaso
dal campo del poeta.
Non ce n’è non ce n’è, restate franco.»
Basta, miei cari, basta
che ci vada il poeta dietro il banco.
Le file dei formaggi
l’un sull’altra ammassate,
vi sembrano villaggi,
borgate soleggiate,
coi tetti di lavagna,
le oscure cortecce,
come paesini di montagna.
E nei luoghi piú vicini
del panorama,
non vi par di riposare
sui morbidi cuscini
dei pecorini?
O se no di passeggiare
pei verdeggianti viali,
per i verdi giardini del gorgonzola?
Di spiare ai suoi fronzuti finestrini?
Non vi sembra di sognare
dame medioevali
affacciate alle superbe finestre
tonde e ovali
del palazzo dei granduchi:
quello coi buchi?
Tavole regali
di mosaici fini,
bizantini veneziani fiorentini:
soprassate salami salamini,
e la piú bella,
quella propria del re:
la mortadella!
Agate alla portata di tutti
vi sembrano i prosciutti;
e le acciughe, le salacche
dalle lucide corazze,
nei barili allineate,
inginocchiatevi:
sono i guerrieri delle Crociate.
Ma c’è di piú:
se mi darete un appuntamento
verso le undici della mattina,
io vi farò vedere,
in questa oscurissima botteghina,
ali che sembran d’angiolo
sopra la groppa di un umile pizzicagnolo.
«Addio papà»
sussurra nell’entrare
un giovinotto elegante;
non viene per comprare,
saluta assai fugace,
guardando un po’ dall’alto
la clientela che attende
e che lo ammira.
Il buon pizzicarolo,
con un raggio di sole sotto i baffi,
guarda di scorcio il suo figliolo.
Solo per lui
gli diventan tanti fiori
le cose nelle mani,
i grotteschi salami
gli untuosi prosciutti,
ma senza quel figliolo
come sarebbero brutti.
E gli basta cosí,
di guardarlo un pochino alla sfuggita
mentre affetta;
ma lo vorrebbe baciare,
e vorrebbe baciare quella povera servetta
che lo ammira estasiata mentre aspetta.
Lo vorrebbe sempre lí
e lo vorrebbe mandar via,
non ci sta bene, lui,
fra le grassezze d’una pizzicheria.
E pensa con terrore
che una macchia soltanto
possa cadergli addosso.
Pochi minuti di quella visitina
verso le undici della mattina,
la spira profumata
di quella sigaretta,
sono tutto il compenso della sua giornata,
e affetta affetta affetta.
Amò baciare i suoi piedini nudi,
appena nato,
come i petali d’un fiore:
lo sognò signore.
Schiavo d’ogni suo gesto
attese giubilante
che gli s’ombrasse il labbro superiore;
spiò raggiante
la prima marachella dell’amore.
Ama la sua maniera elegante
di vestire, di camminare,
quell’aria strafottente e insieme cortese.
Su quel banco affetterebbe
a poco a poco
ogni membro del suo corpo,
come un povero salame,
per un debito di gioco.
«Addio papà.»
Dopo pochi minuti
il bel giovane saluta e se ne va,
se ne ritorna via
a viver la sua vita
lontano dalla pizzicheria.
E con bella disinvoltura
passa fra l’ammirazione di tutti.
Sembra la bottega ritornata oscura
sotto una nube di prosciutti.
E non è degno di lode punto punto
quest’omo tutto unto
che su un bisunto desco
si rigenerò
in un fiore principesco?
Dimmi, bel giovinotto elegante
che cosí in fretta entri e te ne vai,
ti domandasti mai
a quante fette
corrisposero un dí le tue calzette?
O a quanti bariglioni di salacche
un fracche di Prandoni?
Tristezza? No...
non ti rattristerò
principesco figliolo
dell’umile pizzicarolo,
solo... un po’ di malinconia,
non è vero?
quando ronzano alle orecchie
certe note lontane
di una vecchia sinfonia:
«etto grammo chilo mezzochilo,
cacio burro prosciutto salame,
acciughe salacche e baccalà...».
Aver fretta ed aspettare,
pesare tagliare affettare,
entrare andar via...
Sono le note costanti
della quotidiana sinfonia
in un’antica pizzicheria.