L'ANGELO RIBELLE

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Nella serenità di un vespro
che negli ardori della propria luce
svanisce gradatamente
gli angeli della Terra
tornano in gruppo dal Signore
per riferire
l’esito della loro spedizione.
Accelerando il volo
appaiono
un pochettino ansanti
per giungere alla base
prima
che si estinguano nell’aria
quel calore e quel colore.
Taluno ha sulla guancia
rosea e vellutata
una perla di sudore

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e le tuniche leggiadre
biancorossogialloviolarosazzurre
per la loro suprema leggerezza
come aria nell’aria
giuocano nel volare
luce nella luce
col morbido volteggiare
delle ali candide.
Dal gruppo un po’ distante
con la tunica nera
perché meno leggera
meno svolazzante
appare solo
l’angelo ribelle
mentre i compagni
hanno per lui
quello sguardo divergente
e di sussiego
che non invita
quasi si degnassero
di guardarlo alla sfuggita
o lo tenessero in dispregio.
Volgendo
dal rosso nel viola
dal viola nel blu
e più stringendo il gruppo
nel timore della sera
come sospinti dalla dolcezza
di quell’aura vespertina
che dispone così bene
alla preghiera
accelerano il volo
mentre sempre discosto

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l’angelo ribelle
solo
mantiene la distanza
del suo posto.

Seduto in trono
nel fondo d’una fuga
di colonne d’oro
e arcate azzurre
dopo una giornata di fatica
il Sommo Padre
appare
leggermente stanco
e per tale stanchezza
il suo sorriso
nella luce in declino
ancor più dolce
ancor più buono
ancor più bello
ancora più divino.

Con la tunica bianca
sfiorando il suolo
inverosimilmente lieve
l’angelo dell’aria
è primo a presentarsi
e dopo la rituale
genuflessione a riferire:
Signore
voleste l’aria
quale regno inviolabile
degli uccelli
creature del vostro amore

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e in cui soltanto loro
guidati dalla vostra legge
senza limiti né misure
dovevano spaziare.
Un po’ alla volta
dei vostri uccelli
nell’aria
non rimarrà neppure il seme
lo spazio fu violato
con la massima impudenza
e il padrone è diventato
un umilissimo servitore
schiavo per meglio dire
con vostra soccorrevole licenza.
L’aria viene occupata
da quelli
che fabbricano gli uomini
senz’ali e senza piume
ma con tanto di motore
dentro le pance metalliche
i quali vi combinano
quel po’ po’ di bailamme
che son riusciti a combinare
sulla superficie terrestre
dove non è più possibile
camminare:
nell’aria intossicata
anche il respiro
diverrà impossibile.
Dimostrando
un paterno interesse
per quanto l’angelo gli va dicendo
col massimo rispetto

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il Signore risponde
sorridendo benignamente
quasiché tali notizie
non lo turbino per niente
ma gli arrechino diletto.

Con la tunica azzurra
ed incorporea
fluida leggerezza
anche l’angelo dell’acqua
si avanza
ed eseguita d’alta scuola
la sua genuflessione
prende la parola
con stupefacente sicurezza:
Signore
quando voi creaste l’acqua
pensaste non v’ha dubbio
alla sua purità
miracolosa
il pensier vostro
non poteva essere indirizzato
ad altra cosa
e non appena creato l’uomo
credeste fermamente
che da tanta purezza
avrebbe saputo attingere
valido esempio
prezioso ausilio
per la propria dirittura
conservandola con gelosia
e riserbandola
per la gola riarsa

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durante la fatica
o l’eccessiva calura
della stagione estiva:
ci buttano dentro
il massimo della loro sporcizia
oramai leggendaria
e una volta ridotta
una cloaca
una latrina
la gettano con infamia
e il gesto di chi severamente
amministra la giustizia
non volendo nulla in comune
con una porcacciona di quella fatta.
E vorrei risparmiarvi
quanto sta succedendo
in quella del mare
laddove
pesci meccanizzati
di proporzione gigantesca
operano in ogni senso
e con la massima disinvoltura
seminando
sul loro passaggio
il terrore e la sventura.
I pesci
vivono in continuo allarme
in continuo fermento
in continua agitazione
organizzano
comizi congressi cortei
e alla più alta tensione
manifestazioni di protesta

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sembrano impazziti dalla paura.
Ancora più marcato
il Signore
risponde sorridendo
quasiché sia
quanto di meglio si possa udire
quello che l’angelo dell’acqua
gli va dicendo.

Con la tunica rossa
ed aria impetuosa
l’angelo del fuoco
si presenta
a guisa di una fiamma
e la sua riverenza
eccessivamente frettolosa
sembra di chi si accinge
a rivelare qualche cosa
con carattere di emergenza
che divampa.
S’io non abbia equivocato
il voler Vostro
e il Vostro intendimento
Signor mio
concedendo all’uomo
tanto liberalmente
la facoltà del fuoco
che si doveva esercitare
col sano bollire della pentola
e il dolce scaldarsi le natiche
durante i rigori
della stagione fredda.
Serve

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vi dico subito
per distruggere
e distruggersi a vicenda
minacciare gli uni agli altri
quotidianamente
la morte e la rovina
e in aria così cattiva
un arrosto generale
con l’estinzione della specie
definitiva.
Di riscontro poi vedrete
osservando attentamente
in quale maniera peregrina
va funzionando
il cervello della gente:
creano reggimenti di pompieri
per potere spengere
con la massima celerità
quello che loro stessi
col sussidio e il potere
d’ogni loro facoltà
fanno bruciare.
Vi sembra che proceda
a fil di logica tutto ciò?
Lo trovate intelligente
costruttivo
naturale?
Scuotendo un poco il capo
e accigliandosi leggermente
il Signore un po’ seccato
sembra riflettere
vagamente.

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Mostrando un sorrisetto
della più raffinata ironia
e un’arietta
decisamente provocante
malgrado il tono elegantissimo
di una superiore cortesia
con la tunica gialla
l’angelo dell’oro
appare vivacissimo
in vena di allegria:
Signore
allorquando vi punse vaghezza
di nascondere
quel burlone di metallo
nelle viscere della terra
vi successe
in un istante di distrazione
o d’intervallo
di farlo troppo luccicare
non pensando certamente
che quel suo splendore
avrebbe prodotto
giramenti di testa a non finire
addirittura le traveggole
e più d’uno
accecato direttamente.
È un parapiglia
per potersene procurare
quanto possibile
con mille trappole
se lo strappano dall’uno all’altro
nelle maniere più geniali
audaci ed impreviste

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dimenticano padre e madre
la propria umanità ogni dovere
pure di averne
né se ne cavano mai la sete:
ché più uno ne ha
più ne vorrebbe.
A tali proteste
che ascolta un po’ distratto
il Signore
si mostra totalmente indifferente
sapendo come gli angeli della Terra
per la loro assidua
consuetudine terrestre
abbiano preso il vizio
del pettegolare
che lo diverte immensamente.

Con la tunica rosa
e un aspetto misterioso
l’angelo dell’amore
si avvicina e il suo saluto
è quello di chi promette
qualche cosa
di molto appetitoso:
Che pasticcio
che pasticcio Signor mio!
Quello da Voi disposto
pareva tanto semplice
lineare
Vi sarete domandato certamente:
chi potrà sbagliare?
Invece no
né si arriva a comprendere

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come abbiano potuto fare
per combinare un pasticcio
di questo genere.
A furia di volere
troppo stretta la regola
sono sbuzzati fuori
da tutte le regole
così doveva finire
non sanno più
dove han la testa
e dove le gambe:
un rapaio da non dire.
Questa volta il Signore
divertito in modo evidente
eccezionale
ride apertamente
e con lui
anche l’angelo dell’amore
apertamente
si mette a ridere:
Ah! Ah! Ah! Ah!

A passo lento e vellutato
ed una sicurezza
che genera freddezza
oltre che soggezione
con la tunica viola
si avvicina
l’angelo della morte.
Il suo saluto
è misurato di proporzione
brevi e dure le parole:
Signore

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ci dev’essere un enimma
che Voi soltanto
potete risolvere.
Creaste il Paradiso
quale mèta agognata
ed agognabile
delle supreme gioie
di tutte le felicità
delle eterne delizie
ebbene
se stesse a quelli
per cui le avete create
tante cose bellissime
sareste solo quassù
a godervele.
Nessuno ci vorrebbe mai venire
e non appena si sbucciano un dito
chiamano
una schiera di dottori
per poterci venire
il più tardi possibile.
Divenuto serio ed assorto
al termine
della fatica quotidiana
il Signore palesa
una naturale stanchezza
nella sua divinità
divinamente umana.
Un coro di voci dolcissime
e di un’affascinante beatitudine
giunge da una vaga lontananza
provocando nell’anima
una struggente letizia

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che rapisce:
gli eletti
salutano il giorno
che muore serenamente
col sole che discende
mentre che fermo e muto
l’angelo ribelle
è rimasto solo al suo posto
nell’attitudine di chi attende:
«E tu che fai?
Perché non ti avvicini?
Non hai nulla da raccontare
al tuo Signore?».
L’angelo dalla tunica nera
non accenna a muoversi
né a parlare:
«Vieni
vieni vicino al cuore
mio piccolo ribelle
ti sei ribellato così bene.»