FRATE PUCCIO.
Col viso fiorito d'un gaio sorriso,
con occhi ridenti,
il vecchio s'andava e veniva leggero
pel grande convento dei Bianchi.
Il piccolo frate con braccio robusto
portava le brocche.
S'andava e veniva ridente, giulivo,
talvolta sostava un istante a la cella,
posando le brocche a la soglia,
sostava un istante ed usciva col gaio sorriso,
più lesto s'andava, più snelle
le braccia reggevan le brocche.
LA STORIA.
Compunti i fratelli incontrandolo,
guardavan con occhio di dubbio
spiccare in quel luogo un sì fresco sorriso,
qual fiore scarlatto nel mazzo bianchissimo;
guardavan da tempo la sosta a la cella.
Là dentro era il pozzo del dolce sorriso,
non quello nel mezzo al cortile del chiostro.
Da tanto fiorito sul labro del frate,
s'andava ogni giorno
facendo più fresco e più vivo:
soverchio sorriso.
Le brocche posavano un giorno a la soglia,
la porta lasciava uno spiro di luce:
fu visto, con occhio d'orrore,
che il frate vi aveva nascosto un peccato!
Quel fresco sorriso girava impudente
per gli anditi sacri
vestendo un peccato!
La cella fu aperta, frugata, vuotata.
Nascosto fra i libri, fra i libri dei Salmi,
fu visto un fantoccio coperto di logori stracci,
di stracci dai vivi colori,
figura profana di femmina!
Soltanto una bocca che aveva baciato il peccato
poteva sorrider là dentro!
Coperte le immagini sacre di tele violette,
l'oggetto profano fu tolto e portato al giudizio
dal frate Maggiore, dal Padre.
«Sia aperto il convento,
«si lasci passare ogni gente,
«si chiamin lontani fratelli!
«Nel mezzo al cortile del chiostro
«sia fatto un gran fuoco,
«il frate peccante
«vi posi l'oggetto del grande peccato,
«rimanga tre giorni
«nel mezzo al cortile prostrato!»
A l'alba del giorno fissato,
in file infinite lasciarono i propri conventi
fratelli e sorelle lontani:
saliron silenti quel colle le file.
Nazarene bianche, Nazarene nere,
i Valpassiti, le Rocchettine, i Nazareni,
i Domiziani, le Valeriane, le Suore Vesse.
Lontani romiti salirono,
e gente di popolo anche:
infine beghine.
Schierati d'intorno al cortile del chiostro,
attesero in basso pregare i fratelli,
pregare sommesso,
spirare leggero d'un soffio di pace.
All'ora fissata,
in fila, per coppie,
entraron con testa chinata
i Bianchi del grande convento
diretti a la grande fascina
nel mezzo al cortile ammassata.
Con testa reclina a la terra,
con occhi socchiusi e languenti,
in ultimo Puccio indietro di un passo.
Il vecchio avanzava con muovere affranto;
le braccia incrociate sul petto
stringevan l'oggetto del grande peccato,
gli stracci scarlatti
spiccavan nel manto bianchissimo
siccome una macchia di sangue,
siccome una grande ferita
dischiusa nel petto del frate.
Le file dei Bianchi s'aprirono,
ognuno nel grande cortile d'intorno
prostrato, in ginocchio, pregando sommesso.
Il fuoco fu acceso.
Chinaronsi i Bianchi in due file
formando un viale di marmi.
Sol l'ultimo, Puccio, in piedi rimase.
Cricchiaron le grosse fascine
nel fondo del bianco viale,
le fiamme s'alzarono presto.
Cadente, tremante, ricurvo,
il piccolo frate si mosse.
Fra i Bianchi prostrati a la terra,
giungendo sfinito a la fiamma,
con mano stecchita,
la bambola pose nel mezzo a l'ardente fascina;
un ultimo sguardo le diede con occhio sbarrato,
e cadde, siccome fardello di cenci,
nel mezzo al cortile, vicino a la fiamma prostrato.
S'alzarono in piedi i fratelli,
rimasero infine che il fuoco fu spento.
In file infinite silenti,
con testa reclina a la terra
tornarono ai propri conventi.
FRATE PUCCIO.
Con viso emaciato, la bocca serrata,
con occhio languente,
pel grande convento dei Bianchi
il vecchio si mena stentando.
Il piccolo frate ricurvo
con braccio stecchito trascina le brocche.
Nemmeno un istante si sosta,
con muovere stanco, sfinito,
trascina le brocche pesanti.