HABEL NASSHAB,

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gli scopro negli occhi bagliori lucenti.
Talora grandissime lacrime
si avanzan dagli occhi di Habel,
s'ingrossan,
si fanno convesse siccome una lente,
mi fanno d'un tratto vedere
intero
l'immenso mistero d'oriente.
Oh! Gli occhi di Habel.
I palpiti verdi smaglianti dell'acque,
l'azzurro del cielo,
del mare profondo,
e l'arido biondo di sabbie
che dan lo sconforto,
che dicon di sguardi perduti
davanti al mistero d'ignoto infinito.

Ei pure talora s'indugia a pregare,
pregare il suo Dio,
(non ho anch'io il mio?)
Talora... Talora...
non so... ma la pace si parte dal cuore,
non so che mi prende,
non so che mi sento...
bruciare negli occhi imperiose le lacrime...
un nodo alla gola mi serra...
la pena il cuore m'invade e mi preme,
smarrisco la luce che guida e che tiene...
e grida d'angoscia prorompon dal petto,
e grido, e grido:
«Vogl'ire!
Vogl'ire lontano!
La vo' far finita l'orribile vita.
Aprire la sudicia porta e fuggire.
Vogl'ire nel mondo, nel mezzo alla vita,
vogl'essere uomo,
amante vogl'esser, guerriero,

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vogl'ire lontano a gioire,
vogl'ire lontano a morire».
Mi guarda, mi guarda,
s'avanzan dagli occhi del filo
le lacrime grandi,
s'ingrossan,
si fanno convesse siccome una lente,
mi fanno d'un tratto vedere
intero
l'immenso mistero d'Oriente.
«No Habel, non pianger,
ritorna la calma, sta' certo,
lo sai...
rimango rimango.»
E tornan le braccia
sul corpo cadenti,
ritorna lo sguardo al suo sonno:
le lacrime vedo
negli occhi di Habel rientrare... rientrare.
«Rimango rimango, sta' certo,
lo sai...»
La pena di Habel
la pace rimena al mio spirito intera.

Habel Nasshab, sei bello tu,
con quegli enormi calzoncioni blu!

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Lungo la sala oblunga,
appesi alle pareti
l'un dopo l'altro in fila
con gran simmetria,
sono i ritratti delle nutrici
della famiglia mia.
E sotto ogni ritratto