da un suo bruno scialle
di tibet fino,
la testa dalla cuffia
e le mani dai guanti.
Solo da quell'oscuro involucro
impertinente sbuca
un naso adunco,
gli occhi e la bocca
sono oramai sepolti
sotto gli sterili solchi
di quella verdissima carne.
Custodisce la porta
della gente morta.
Conserva imperturbabile
il suo nome di gloria,
intrepida, Vittoria,
gloria che fu sepolta
prima che fosse morta.
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È in fondo alle scale
un'enorme lanterna
di ferro battuto,
dalla luce eterna,
che tutto il suo foco ha spremuto.
Lanterna dalla luce eterna,
non potresti rischiarare
per un poco, per un poco,
l'ora di un sopravvissuto?
Io son breve
e tu sei eterna,
mia lanterna,
un po' di foco!
Obbligo non hai,
ma se tu me lo darai