Vittoria,

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L'ultimo cencio
di questa povera gloria!
Gloria che fu
augusta matrona,
e ora non è più
che una tristissima
vecchia stracciona.
L'ultimo cencio
di questa povera gloria!
Rimasta, chi lo sa, inosservata,
alla folgore struggente
di questa infelice casata;
lasciata inavvertitamente
tale e quale
nell'ombra,
fra l'uno e l'altro gradino
delle scale.
Vicino alla porta d'entrata
ha la sua stanza, Vittoria,
la piccola centenaria.
Custodisce la porta

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della gente morta.
Coperta tutta
da un suo bruno scialle
di tibet fino,
la testa dalla cuffia
e le mani dai guanti.
Solo da quell'oscuro involucro
impertinente sbuca
un naso adunco,
gli occhi e la bocca
sono oramai sepolti
sotto gli sterili solchi
di quella verdissima carne.
Custodisce la porta
della gente morta,
conserva imperturbabile
il suo nome di gloria,
intrepida, Vittoria,
gloria che fu sepolta
prima che fosse morta.