Fra le molte scoperte fatte girando
questa di Napoli permane viva nel ricordo.
Scoperta, incredibile a dirlo, fatta su me stesso,
sul mio corpo, come chi si accorga un bel giorno
di avere il naso, la bocca o l’orecchio: il piede.
Piede del quale, fino allora, mi ero occupato pochissimo
banale realtà del vivere comune e usato senza saperlo.
Mi colpì per prima cosa lungo le vie e le piazze del centro
una quantità di persone intente a farsi lucidare le scarpe
con un’aria di celeste beatitudine e in ogni momento
come soltanto le cose dello spirito possono dare
e altre che aspettavano rispettosamente il loro turno.
Scelsi illico et immediate il mio lustrino:
uomo dai grandi occhi neri e lo sguardo ascetico
qualcosa di religioso era in ogni suo atto
e del quale non conobbi mai la voce giacché
con ben dosati colpi della spazzola sul legno,
dirigeva per intero il proprio traffico.
E ogni mattina, prima ancora di fare colazione,
correvo da lui per uscirne con le scarpe lucidate a specchio.
Girando per la città io non guardavo più la gente in viso
come avevo sempre fatto
ma solo i piedi d’ognuno attiravano il mio sguardo
gara di distinzione nella quale ero compreso anch’io
quasi ci trovassimo sempre in un ricevimento o un ballo.