Era nella mia classe un giovane di Romagna
che per essere di poco maggiore in età,
ma soprattutto per un fisico precoce
ed un temperamento di eccessivo calore pareva un uomo
a noi ancora fanciullini della prima fila
facendo risaltare al massimo tale diversità.
Passandoci davanti nell’attesa del professore
fra una lezione e l’altra
estratti dai pantaloni gli attributi della virilità
li sbatteva sul nostro banco
a scorno dell’essere noi, nei suoi confronti,
una ben povera cosa, e lui chi lo sa che.
Ma avendo io una mattina
bagnato d’inchiostro con la penna
l’orlo del banco davanti a me:
«che roba è questa?»
gridò furibondo in tono di minaccia
mentre che io, stupefatto, rispondevo tremolando:
«oh! che disgrazia!» costernato addirittura:
«si vede che il custode riempiendo i calamai stamattina
disavvedutamente ne ha lasciata cadere qualche gocciola».
Corse nei gabinetti per riparare al danno.
E siccome con le nature semplici
per ottenere un grande effetto
è sufficiente una piccola causa,
dopo quel giorno non lo fece più.