Nell'ora di tristezza
io vengo a te,
mio geniale fratello,
come ultima speranza di salvezza.
E disciolto alla fine
dalle divine reti,
dalle mille spire
del tuo geniale cervello,
vedo realizzato il sogno di tutte le tue mire,
divenuto, sulla faccia del mondo,
comune, universale,
quello che fu il tuo folle ideale.
E mi sprofondo ad osservare
la vecchia umanità
colle nuove attaccatture.
Ah! non attrae più, uomo,
i tuoi cupidi sguardi la meta
del vecchio portafoglio
o la corona di poeta,
non l'ampia baronale fattoria
o il lucente milioncino,
ma l'intestino del tuo vicino.
La più gelida moglie,
ora,
ecco,
viene assalita dalle voglie
più irruente,
pel cambiamento del recipiente.
Già scorgo per le vie
girellando,
sui cartelli delle botteghe
le insegne delle nuove mercanzie.
«Ai polmoni d'acciaio»,
«Allo stomaco di struzzo»,
«Specialità in vesciche»,
«Venaiolo Pellaio,
innesti, aggiuntature,
forniture complete,
vene e pelle su misura.»
«Nasi fini, Orecchi parigini
per signore e signorine,
ultima novità».
«Articoli per giovani e per vecchi.»
Domani s'inaugurerà
il grandioso Bazar degli organi umani.
Leggo nel supplemento del giornale:
«Rubamento d'un fegato e d'un pene».
E più in là:
«Si sono uccisi i fratelli
nella spartizione degli organi
del defunto papà».
Forse un dì,
col mio instancabile cuore,
taluno di voi, signore e signori,
proverà i fremiti dei miei strani amori.
E voi, grassa signora,
dovrete per forza sbuffare
degli «Ah!» e degli «Oh!»
al momento dell'aurora.
Lei, freddolosa signorina,
coccarsi tremolando
la brezza mattutina,
o tu, povera deliziosa donzella,
contentarti dell'amore d'una stella.
Però, prossimo mio,
non t'auguro d'incappare mai
nel cuore ch'ebbi io.
Il cinico portento
lo vedremo alla fine
affogato nel lago del sentimento.
l'avaro assalito
da prodiga manìa,
e così via via...
Se con molta abilità
saprai su su
cambiar organi a metà,
ti avrem vivo ma indeciso
per tutta l'eternità.
Stomacuccio malandato,
non disperar più
di gustare con uguale voluttà
il goloso intingoletto
che il ciclopico bovaro
inghiottiva presso a te
stamattina al restaurant!
Dottor Carrel,
malato son io,
e vengo a te nell'ora di tristezza,
mio fratello geniale,
divino prestigiatore infernale,
come ultima speranza di salvezza.
Abbi pietà di me che ò tanto male,
barattarmi cervello;
scegli fra mille e mille...
e mettimi quello del più imbecille,
schiudimi l'ombra beata
della sua tana.
Dove sei?
Fuori! Alla luce te, fratello idiota,
vecchio cucco della natura,
che in quest'ora disperata
invidio e odio;
vivi, guarda e vedi, cammina,
soffri la mia tortura.