Quando nelle penombre della notte
allo svolto m'apparite
delle contrade,
o fermi, per coppie stazionate,
ravvolti nei bruni mantelli
vi vedo sussurrare,
mi sento terrorizzare.
Misteriosi progetti di morte tramate?
Mi sembrate decidere
il giudizio finale della gente.
Vigili sulle città
i giudici supremi m'apparite
agli angoli delle strade
innalzati
nei silenzî solenni.
Sulla vostra lucerna traversa
brillano nella notte
i sigilli della forza eterna
e perversa.
Fieri giganti,
diabolici uomini rossi e neri,
reali carabinieri
fiammanti!
O nel giorno
tra la folla v'aggirate
con passi cadenzati,
mi sembrate misurare
l'ora suprema da destinare.
E quando a cavallo impettiti
al galoppo traversate
trionfanti la città,
o vittoriosi,
mi parete venire a domandare
la resa di tutta l'umanità.
E se coll'elegante
giubba che vi attilla,
gallonati,
nelle feste trionfate
sulle moltitudini,
su tutti i cittadini o paesani,
con quella bella capocchia fiammante,
o incendiarî,
mi sembrate i fiammiferi della gente.
E invece?
Niente... niente... niente.
Nella notte vegliate
sul pacifico sonno
delle folle poltrone,
e forse sussurrate
della voglia che avete
d'andarvene a dormire.
Di giorno girellate
per l'ordine e la quiete delle brigate,
per l'incolumità
della pigra umanità
di tutte le città
di tutte le borgate.
Giungete dove un poco
la vita s'accende
e con tutta la forza che avete
invece d'attizzarla la spegnete.
Separate, separate,
ristabilite la pace,
ristagnate le ire.
Chi lo poteva dire,
che braccia tanto robuste
avessero mire
così pacifiste?
Pace fratelli!
E dividete, dividete,
sventate le contese.
Rotola, talora,
fra i piedi della gente, nella zuffa,
calpestata la vostra face,
spenta per la pace,
e voi pazientemente
la raccattate.
E m'avvicino a voi con guardo mesto
dopo le vostre fatiche,
quando vi spolverate
e vi ricomponete,
e voi con guardo mesto mi guardate:
«siam tenuti per questo».
Ditemi un poco bravi giovinotti,
se almeno un giorno solo
vi tenessero... per dare?
Che bella grandinata di cazzotti!