Esseri umani alla terra aggrappati,
capaci d’odiare,
ditemi un poco una cosa:
avete mai pensato
d’aver con voi, ospite,
l’essere che odiate?
Con finti risi,
con carezze accattate,
averlo pian pianino attirato,
come fa la madre col monello
che vuol picchiare?
Pensate d’averlo con dolcezza accaparrato,
e di tenerlo in casa,
in vostro potere,
come dentro una gabbia
dalla quale non potrà scappare.
È vostro, pensate, che ne volete fare?
Voi l’odiate.
Non perché vi uccise il fratello o la madre,
vi rubò l’oro o la fanciulla che amavate,
non perché tenne
la vostra sorte in suo potere.
L’odiate perché l’odio vuole,
(l’odio è persona
come l’amore)
e odiate quello perché l’odio vuole.
Ditemi, che gli si deve fare?
Con un rasoio fino fino
farlo a fettine come il salamino.
Ma che!
Strappargli il cuore!
Ma che!
Piantargli in ogni poro
una lama di pugnale!
Ma che!
Dargli fuoco!
Farlo morir di fame!
Guardarlo ridendo poco a poco
languire, struggere, consumare!
Ma che!
Vive l’odio sopra la terra,
ed è persona,
come l’amore,
e viver vuole, non morire,
e come tutte le altre persone
à il suo spirito di conservazione.
Il tuo odio t’allungherà la mano,
gli porgerà il boccone.
E all’ospite, il suo spirito di conservazione,
glie lo farà mangiare.
E l’ospite rimane.
Scrive alla sua famiglia:
«Sto bene, sono felice».
E voi l’odiate.
L’odio vive di sé, come l’amore,
(ami chi t’ama forse?)
come tutte le altre persone
che ànno il loro spirito di conservazione.