Con vibrazioni di diamante
filtrano i raggi del sole
tra le foglie
che hanno un palpito lieve
e non per l’aria senza movimento
bensì per il calore
assumendo
tutti i colori dell’iride
trafiggendole.
Soli e sicuri
celati
in quella levità abbagliante
hanno dimenticato la terra
sentendosi trasportati
nell’etere.
Per l’ebbrezza del desiderio
gli occhi sprigionano scintille
verso l’azzurro degli occhi
in cui s’è rifugiato il cielo
verso il bianco dei denti
che risplendono come perle
fra il rosso delle labbra
ardenti
nello sfondo verde.
E un senso di vertigine
avvolgente
che alla gola stringe
con la gioia dell’aria
i profumi dell’erba e delle foglie
dei capelli e della pelle:
«ma no ma sì macché!
io no tu sì io te
no no sì sì perché?
io no tu sì no me
te tu mi no ni ne...»
Pochi minuti dopo
erano tre.