LA MATRIGNA

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«Noi siamo a pregarvi, signora matrigna,
noi siamo a pregarvi.»
Sta in piedi, madama matrigna,
di fronte alle piccole figlie.
Le scende pel corpo sottile
leggera una veste di seta giallina
a pieghe ed a crespe.
Le figlie son tre.
Le stanno dinanzi col volto abbassato,
vestite di tibet grigio uguali,
il collo la cinta ed i polsi
di crespo nerissimo.
Col volto abbassato
esse stanno dinanzi a madama matrigna.
Si vedon di dietro le trecce composte,
costrette da rete
che termina in nastro alla fronte.
Le guarda, madama matrigna,
e un poco sorride alle figlie confuse.
«Noi siamo a pregarvi, signora matrigna,
noi siamo a pregarvi:
vogliate parlarci,
parlarci... ma piano dovete... sommesso.
Guardateci bene, signora matrigna,
mi sembra... ci sembra...
ci sembra il vostr’occhio...
che guardi... e non guardi.
Vogliate parlarci,
ma non delle cose passate, badate,

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ma non delle cose avvenire,
noi siamo a pregarvi, parlate parlate.
In punta del labbro c’avete, signora matrigna,
non so... non sappiamo...
ci avete un sorriso... maliardo,
un tenue sorriso ritorto,
che nasce... si torce... e finisce;
un riccio uguale
portate nel mezzo alla fronte.
Signora matrigna, parlate parlate,
ma non delle cose passate,
ma non delle cose avvenire,
parlate, noi siamo a pregarvi.
Non diteci il nome che avete però,
in fondo a quel nome...
non so... non sappiamo...
c’è come qualcosa che ghigna,
noi siamo a pregarvi, signora matrigna,
noi siamo a pregarvi.»