LA GAVOTTA DI KIRÒ

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KIRÒ
La sala rotonda
già posa nell'ombra oscurissima.
Ansiosa vi serpe l'ondata
di lievi respiri rattratti.
Già zeppa di gente è la sala,
di gente che attende impaziente.
Nel mezzo s'innalza il ripalco,
un raggio viola dall'alto vi scende.
S'attende con ansia silente Kirò:
il musico grande.
Stasera egli suona una danza.
Ognuno il respiro rattiene,
soltanto il silenzio si gonfia nel buio.
D'un tratto, come ombra,
nel raggio viola traspare Kirò,
traspare giungendo leggero al ripalco,
snellissimo, stretto nell'abito nero,
s'innalza e si ferma.
Lo sguardo alla luce rivolge

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facendo brillare i begli occhi di mare
sul pallido volto.
E intanto la luce viola
si mischia frugando
nell'oro dei ricci capelli biondissimi.
Con rapido gesto dell'arco incomincia.

LA GAVOTTA
Cominciano intorno alitando leggeri
dei piccoli passi,
leggeri, lentissimi,
picchiettano il grande silenzio.

Passare pian piano s'avverte
frusciare di sete,
tintinno minuto di gemme pendenti.

S'accresce s'accresce s'accresce.

S'affollano i piccoli passi
si mischiano intorno e cinguettano.

Un gemito fioco di topo ferito
tramanda un velluto calpesto.

Si segue il passare volante e salire
di rapidi veli lunghissimi,
avvolgersi attorcersi a spire.

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Un'onda più lenta si posa,
s'indugia un inchino profondo,
si stacca una rosa
da un candido seno,
la insegue un baleno
di riso giocondo.

La danza s'accresce e s'appresta.

Si fanno a portoni scarlatti
baleni di perle bianchissimi,
vi giocano lesto apparire e sparire,
vi sostan taluni, vi restano a lungo.

Un presto cadere di sguardi,
un mesto incontrarsi,
un lieve incrociarsi di dita,
un lesto rattrarsi,
un lampo fulgente di riso risplende
nel dolce piegare di teste fluenti.

S'accresce s'accresce s'accresce.

Serpeggia più ratta del fulmine
fra tante bianchissime mani una stretta.
S'incrocian tanti occhi fulgenti,
si cercan confusi pungenti,
s'abbassan socchiusi morenti.

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Scompaiono ratto i baleni bianchissimi,
le porte scarlatte si chiudono ermetiche.

D'un tratto uno strappo repente,
terribile strappo!
Di seta o damasco, di ricco broccato?
Ne cade una goccia.
Non veste strappata, non manto.
Lo strappo è avvenuto a uno sguardo?

La goccia è vermiglia.

Più lento, più lungo, più piano
diviene il frammisto romore,
più vago;
più radi si mischiano i passi,
più cheto il frusciare,
silente passare di veli
che muoion leggeri alla terra.

Si perde
si perde confuso nell'ombra il romore,
la danza pian piano svanisce
si perde.

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KIRÒ!
La danza è finita.
La folla scoppiando
le braccia protende
lanciando il suo grido di gioia a Kirò.
Immobile e muto,
sospeso nel centro egli pare,
appena un istante vi attende.
Ognuno le braccia protende
lanciando dei gridi di gioia.
Ei piano nel raggio viola s'avvolge, dispare.
Facendo brillare d'intorno
i begli occhi di mare
dispare leggero snellissimo
il bianco fanciullo biondissimo,
il musico grande: Kirò.