– Mister Chaff, vi saluto,
siate il benvenuto!
Vi sono molto grato
d'esservi così gentilmente
ricordato di me,
vi sono molto riconoscente
di aver pensato a questo vostro
lontanissimo parente.
L'americano s'introdusse,
e ci scambiammo i complimenti d'uso.
– Io ricordare molto bene voe,
quando essere passato Italia
volta precedente:
voe non potere ricordare me,
allora essere voe troppo
piccolo fanciullo.
Io essere molto cambiato,
molto.... envecchiato.
E mister Chaff sorrideva;
ricordava la nostra lontana parentela,
e parlava delle relazioni
antiche fra le nostre famiglie.
Questi parenti americani
furono sempre una favola per me.
Me ne avevan parlato sempre,
ma non avevo mai potuto capire
ch'essi esistessero realmente,
tanto mai lontani.
– Io vi trovo benissimo mister Chaff,
avete un aspetto floridissimo!
– Io trovare voe un poco.... sbiancato,
un poco.... macilente.
– Oh! Sì mister Chaff, probabilmente.
Lo condussi, come suo desiderio,
a girare pel castello.
Tutto volle vedere,
senza arrestarsi un momento
di dimandare colla massima insistenza,
su tutte le mie intimità,
facendoci sopra le sue osservazioni,
alcune delle quali
mi cominciarono a seccare.
– Bello questo panorama.
– Vi piace?
– Vedere mio caro,
io possedere Amereca
terreno molto più grande.
Quando io essere.... centro mie terreno,
io guardare de qua, guardare de là
vedere sempre mie terreno.
– Io questo certamente
non lo posso dire, mister Chaff,
tutto quello che vedo
è mondo che non mi appartiene.
Vi avverto però solamente
che quello è il mare.
– Oh! Molto più grande!
Affermava mister Chaff,
col massimo calore.
– Avete ragione, perdonate,
io sono talmente abituato
alle cose piccine, non ci badate.
Infine questo non è che il mondo di un poeta sapete.
Mister Chaff sorrideva
tutto di buon umore.
Quel suo ridere goffo mi seccava.
– Il mio orto!
Vedete? la menta, la cedrina,
il bassilico, il ciliegio,
il pero, l'insalatina;
la mia insalatina!
È bello vero?
Il mondo di un poeta mister Chaff.
– Oh! Anche Amereca
poete possedere tutte piccolo mondo!
– Piccolo.... vedete,
è assai grande per me.
– Come mesurare terra voe?
– A piccoli passi.... e a cieli.
Girammo ancora molto pel castello;
gli presentai la mia Cherubina,
Ginnasia, Guglielmina.
Rise, rise l'americano,
certe sue risatacce grasse
che mi cominciarono a infastidire.
– Non vedere, mie caro,
quante fessure avere
queste povero castello!
Reparare, reparare.
– Niente affatto reparare,
lasciatele pure stare quelle fessure,
se c'entrano i raggi del sole
mi fanno sempre
un grandissimo piacere.
– Oh! Oh! Molte curioso,
molte.... estravagante!
– Quando comprai questo castello, vedete,
non volli riparare neppure la camera da letto.
– Così fare tutte poete?
– Così faccio io.
– Oh, Italiane essere molte poete.
– Non credo mister Chaff.
– Yes, molte poete.
Voe appartenere.... quale partite?
Repubblicane? Sovversive?
– Un poeta, sappiate, non à colore.
Io non sono elettore,
e non andrò mai a votare.
I colori del poeta
sono quelli.... del cielo,
degli alberi, del mare....
e con tutte le sfumature
dei tramonti e delle aurore!
I suoi rappresentanti
sono la luna, il sole,
e le belle giornate!
Un poeta non ama il suo paese,
se non è un bel paese,
lo rinunzia con la massima disinvoltura,
e se ne va là dove lo aspetta
la sua natura.
E poi, mister Chaff, volete proprio
conoscere il mio partito?
Fate un impasto uguale,
metà sublime, e metà bestiale.
I miei occhi vedete,
sono avidi di sangue e di fiamme!
No no no, non vi spaventate,
me ne sto qui comodamente a dormire,
dormire.... per sognare.
– Oh! Italiane essere
molte.... endolente.
Diceva mister Chaff
scandendo le parole lentamente.
– Molte.... endolente.
– Oh indolentissimi yes.
– Per questo avere poco denaro.
– Io ne ò tanto che mi basta,
sono così mingherlino...
per la mia pancia? oh! me ne avanza.
Mister Chaff si dette lesto lesto
un'occhiata alla sua pancia.
– E voe vivere sempre quassù.
– Sempre.
– Io morire dopo poche ore.
– Vi credo, ma io mi ci diverto invece.
Nulla mi manca quassù,
mi credete abbandonato?
Dò anch'io le mie feste e i miei pranzi,
e mi stanco, mi esaurisco, mi confondo,
al naturale.
Le mie feste e i miei pranzi
sono sempre preparati
per centinaia di persone,
c'è la più completa illusione,
e non sono che per me.
Tutte quelle persone,
(i miei abitué)
mi rimangono indistintamente
simpatiche e divertenti,
se fossero vere
mi diverrebbero antipatiche e sconvenienti
dopo poche sere.
Sto qui come un eterno convalescente.
É così bello essere stati malati,
e non aver più male,
e non sentir più niente.
– Oh! Capire molto bene,
tutte queste poete essere molto... fiacche,
anche molte persone... lascive.
Per questo essere tutte povere.
– Americano... babbeo!
Guardami quando creo!
Di terra io abbisogno,
tanta quanta ne sta
sotto i miei piccoli piedi, mi basta.
Io m'innalzo!
Nell'aria, nello spazio,
traverso ogni spazio
coi miei capelli dorati
che ogni aura accarezza.
I miei occhi lampeggiano
sguardi che sono scintille,
fiamme roventi,
lame taglienti,
che squarciano il ventre ai cani
delle regine nubi al mio passare,
essi mi vorrebbero abbaiare,
mi vorrebbero serrare
i cancelli del cielo.
S'inchinano rispettose
quelle regine,
facendomi posto
fra le loro vesti vaporose
di veli e di trine.
Ma io salgo, nulla m'arresta,
è in cielo la mia testa,
nell'azzurro profondo,
fra le stelle che si confondono
al bagliore dei miei occhi,
e mi sorridono amiche, sorelle.
Su, su, entro nel sole,
e creo, e mi beo!
Come nessun altr'uomo al mondo!
– Oh! Molto belle queste parole,
ma poe... quando essere finita
vostra... illusione,
dovere retornare vostra vita
allora mio caro bella deselusione
provare!
– Sì! Perchè la terra è angusta
per il mio calare!
Mister Chaff si seccò
alle mie ribattute,
e se ne andò zitto zitto.
Io rimasi confuso,
e pensai d'essermi riscaldato invano.
Gli potevo lasciar dire
tutte le sue grullerie
a quel povero americano,
chi sa come mi potevo divertire!