LA FIERA DEI MORTI

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Tutti i poeti cantano
malinconicamente,
sempre alla stessa maniera,
questa giornata grigia o nera.
Dice che sempre piove
un'acquerugiola trita
dalla mattina alla sera,
che solo al pianto invita
e alla preghiera
lungo le vie del camposanto.
Piange il cielo
tutto velato a nero,
curvi gli uomini piangendo vanno

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per il mondo intero.
Fresche lacrime del cielo,
come rugiada al fiore,
dolci lacrime del sentimento,
come balsamo al cuore.
Fole! Fole! Fole!
solite vecchie fole
della solita vecchia gente!
Oggi invece non piove,
splende un magnifico sole:
è il tempo ci porta le sue cose nuove.
Avete dei pensieri neri?
Veniteli a svagare
dentro i cimiteri.
Potete tutti entrare,
fatevi pure avanti,
sono spalancate le porte,
anche per chi non c'ha persone morte.
Tutti possono entrare,
girare a proprio piacimento,
anche un poeta ci si può intruffolare
per suo divertimento.

Le solite baracche dei saltimbanchi
fuori dai cancelli,

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quella classe sociale che ha per mira
di far conoscere agli uomini,
meglio assai degli astronomi,
che il mondo gira.
(Gira o non gira?)
Scimmie vestite da ballerina
oppure alla militare.
Una corre a braccetto con un sergentino,
un'altra cerca di trascinare un caporale
dietro, in una stanza,
e quello vuol star lì;
una vestita da serva
è tutta affaccendata per spazzare;
un capitano da uno schiaffo all'ordinanza
che si siede sul kepì pietrificata.
Donne che gridano a squarciagola
d'inverosimili curiosità,
i miracoli della scienza
alla portata di qualunque sapienza;
strane psichiche fisiologiche deformità.
E i buoni festaioli
se ne stanno davanti in perplessità.
Trombe tamburi piatti,
tutti gridan come matti:
è la fiera dei morti!

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I dolci fatti lì, immancabili dolci
che tutti stanno ad aspettare,
brigidini sommommoli ciambelle,
le calde arroste
che non riparano a castrare.
Nelle osterie, al suon delle chitarre,
si cantano romanze paesane,
gli ultimi stornelli popolari
e canzonette napoletane.
Dai beccai pendono sanguinanti
fenomenali
i primi ottimi porci,
quelli d'Ognissanti,
ch'an già sentito
il primo freddo dei morti.
E sopra banchi tortuosamente accatastata,
o a grandi festoni attaccata,
chilometri di salsiccia
che sembra l'ammasso degli intestini malati
di tutti i morti.
I salumai hanno appesi
i salamini nuovi,
e gocciolano dal soffitto
cotechini zamponi mortadelle
che ti fanno rimanere a naso ritto;

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giunge fin sulla strada
un odore stuzzicante
di lepre e di pappardelle.
Tutti si riversano a mangiare
a crepapelle!

I carabinieri a cavallo,
coi loro pennacchioni rossi e blu,
si fan posto trionfanti
fra la calca stordita dei festanti:
putupun putupun putupun....

Ai cimiteri ci potete andare
coi fiori e senza i fiori,
ma anche il più dimenticato,
detestabile parente,
si può aspettar quel giorno un fiore
dalla sua antica gente.

I morti non sono uguali,
come credono tutti,
ma sopratutto, non sono muti,
quelli almeno dei cimiteri
sono indecentemente ciarlieri.
Sopra la pelle della loro faccia marmifica

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meglio assai che sui vivi si specifica
la fisionomia caratteristica.
«Qui riposa
l'uomo dalle rare virtù:
Telemaco Pessuto
d'anni cinquantatrè,
angelo tutelare,
padre marito esemplare».
Se t'avessimo incontrato vivo
chi l'avrebbe saputo?
I vivi han delle facce
che per quanto espressive
tu non sai quel che pensare,
e una faccia perbene
se la posson raffazzonare
anche i mascalzoni,
coi morti invece non ti puoi sbagliare,
le loro facce sono piene
d'ottime informazioni.
Se incontrate per via un giovine pensoso
come fate a sapere se sia virtuoso?

Strana combinazione!
«Celestina Verità
d'anni novantasette»

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e accanto:
«Peppino d'anni tre
dei coniugi Del Re».
Strana proprio davvero!
Se vi venne destinato
un secolo intero,
Celestina Verità,
Peppino Del Re,
come poteste fare della vita
una così parziale società?
O non fu l'uno il parassita
dell'altro?
Fu Peppino che ti giunse, o Celestina,
e ti mozzò gli ultimi tre,
o tu, Peppino, nascendo ahimè,
trovasti i tuoi quasi tutti consumati
da quella porca della Celestina?

Che poco posto occupano i morti!
Meno assai del naturale.
E fu, taluno di voi, padrone
da solo d'un podere
che sempre gli sembrò tanto piccino.
Sulle alte pareti
quelle teste fitte fitte

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sembrano nell'immobilità
quelle di un loggione
per una straordinaria rappresentazione.

E così vi aggirate indifferenti,
leggiucchiando senza fede
più o meno speditamente,
qualcuno sillabando,
i nomi e le virtù di quei poveretti
alle quali nessuno crede.
Dite la verità, non ci credete
che fossero tanto perbene?
Furon tutti perbene
quando arrivaron qui.
Ma non sapete che le parole
che voi leggete con indifferenza
sono la faccia dei morti?
Tutte quelle espressioni di dolcezze
son l'espressione delle loro fattezze?
Uomini accorti,
che sempre girellate tra i vivi,
non vi dispiace mica,
per una volta all'anno,
di girellare un po' fra i morti,
tanto per cambiare,

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e colle tasche gonfie di conforti
succiate, sgranocchiate, masticate,
buttate giù;
fate bene a mangiare,
se non si mangia si finisce male;
ai morti solo i gusci lasciate,
tanto quelli non mangian più.

Gran daffare nel reparto dei signori:
sontuosità di gramaglie,
code di servitori,
fra gli altari giardinetti e salottini,
quadri lampade chincaglie,
genuflessioni incontri
sorrisi sospiri inchini
conversazioni....
e fiori fiori fiori fiori.

In cima al camposanto,
sopra un grande palcone
improvvisato per l'occasione,
si mettono i teschi all'incanto.
Lo circondano pigiate
centinaia di persone,
fissano un atletico banditore

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che grida fiocamente a squarciagola.
Intorno è pieno di carabinieri.
– Quattro!
– Cinque!
– Otto!
– Dieci!
– Quindici soldi!
I primi vanno a ruba.
– Si delibera signori!
I più frettolosi pagano i teschi
anche più d'una lira.
Molti aspettano che la gara cessi
e il prezzo ribassi.
– Quattro!
– Sei!
– Otto!
Una giovine sposa
si stringe al braccio del suo sposo
tutta piagnucolosa:
– Comprami quel teschio.
– Stai zitta – le dice il giovinotto.
– Comprami quel teschio.
– Stai zitta grulla,
verso sera li daran via per nulla.
- Dieci!

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– Undici!
- Dodici!
– Si delibera signori!
– Comprami quel teschio.
– Stai zitta, t'ho detto,
non vedi ch'è un teschiaccio vecchio?
– Comprami quel teschio.
– Se non stai zitta ti porto via.
– Potrebbe essere il teschio della mamma mia.
– Ma che mamma mia!
– Cosa c'è stato laggiù, lontano?
– Corrono i carabinieri!
– Dove corre tutta quella gente?
– Ànno arrestato quel nano
che vendeva i teschi di seconda mano!
E per le vie polverose,
per le serpeggianti vie campagnole,
in un bel tramonto pieno di vapori
di fiamme e di viole
la gente se ne torna dai camposanti
allegramente....
E ogni buon diavolaccio
se ne viene col suo teschio sotto il braccio.