Un piccolo gruppo di signore,
dei più svariati paesi,
si sono fatte suore
d'una loro speciale religione
che si chiama «la Regola del Sole».
Si sono comperata un'isoletta
proprio in mezzo al mare,
un'isoletta tonda, tutta verde,
che pare, nell'azzurro dell'acque,
un altro Sole, il Sole del mare.
Sole che vive d'amore
per quello rosso del cielo.
Quando sono tutti e due azzurri,
cielo e mare,
sembrano due bellissimi cieli
tutti e due col proprio Sole.
Nel mezzo all'isoletta,
queste signore,
si sono fabbricate il monastero,
la loro piccola città.
Sono tutte vestite di rosso
in omaggio al loro Signore.
La mattina si levano per tempo,
prima, naturalmente, che si levi il Sole;
verrebbe multata fortemente
la suora che si fosse levata
senza ragione di malattia
dopo il sole,
sarebbe la mancanza più grave
verso il suo Signore.
Quando una è malata,
di luce o di calore,
(di troppo amor si muore)
e qualche volta dalla gelosia,
(è la loro unica malattia)
le viene spalancata la finestra della cella
all'ora della levata e a quella del tramonto,
sull'ora di mezzodì.
Pensate come quelle suore debbano amare,
con quanta forza debbano desiderare il Sole!
Esse non hanno ormai che Lui,
al quale si sono votate,
e vivono oramai di quell'amore.
Come debbono essere tristi le loro nottate!
Dall'isoletta non si distingue terra,
nè vicina nè lontana,
è un piccolo mondo verde
che sembra roteare
nell'acqua invece che nell'aria,
nello spazio del mare.
Certe volte l'isoletta sembra galleggiare.
Se naufragasse?
Se il mare la ricuoprisse?
La mattina, poco prima dell'aurora,
si raccoglie ogni suora per pregare,
col massimo rispetto,
augurando il buon viaggio
al suo diletto.
E appena il Sole appare,
al primo raggio
ch'Egli serba come speciale predilezione
alle sue religiose,
esse emettono grida:
«urrà! urrà! urrà!»
gridano e ridono,
cantano i loro inni,
i loro voti passionali,
saltano piene di ebbrezza,
si abbracciano
dopo il bacio del Signore:
è la loro comunione.
E mentre sulle acque s'innalza
il loro magico tondo,
si prendono tutte per la mano
e si mettono a fare il girotondo
pazze di contentezza.
Tutto il giorno lo stanno a guardare,
pregare ed adorare.
In cima al monastero,
nell'apposita torre,
al posto delle campane
c'hanno le meridiane.
Con un «urrà» speciale
salutano il mezzogiorno,
cantano gl'inni più sfolgoranti,
gettano in aria fiori dorati
che gli ricadono addosso
baciati dal Sole.
Nel pomeriggio se ne stanno
distese o inginocchiate,
ben composte sui prati,
e di tanto in tanto,
sole o a piccoli cori,
dicono le preghiere consuete,
speciali della regola speciale.
Lo sanno che il Sole le ama,
che sempre le guarda e non le scorda mai,
lo sanno che quando moriranno
anderanno lassù,
e intere in Lui risorgeranno
che le coronerà del suo più caldo amore;
sono sicure che le amerà in eterno,
ma c'è anche per loro l'inferno,
e sarebbe il mare.
Si dice che una volta morì una suora
e fu creduta da tutte
felicemente accolta dal Signore,
mentr'esse la cantavano e salutavano beata
videro una cosa tutta nera,
come di carbone,
cadere giù nel mare.
Il Sole l'aveva rigettata.
Quale orrenda punizione!
Discacciata dal Sole,
destinata nel fondo del gelido mare.
Perchè fu discacciata?
Non valsero le sue preghiere?
Non seppe bastantemente amarlo
il suo Signore?
Da quel giorno le suore
raddoppiarono il fervore
nelle loro preghiere
nella loro adorazione.
E parla la leggenda
d'un'impudica sposa,
«suor Matilde vergognosa»,
che un giorno fu veduta scomparire
proprio sull'ora del mezzodì,
e a quelle che l'andarono a cercare,
tremanti per ignota tema
non vedendola tornare,
nuda distesa apparve
in quell'ora suprema.
Chinan la testa le suore
nell'onta del ricordo,
si cuoprono la fronte col mantello.
«Vergognosa!
Macchiare col desiderio impuro
un puro amore!»
E il pomeriggio passa veloce,
e le suore si levano,
incominciano a passeggiare inquiete sul prato,
si rivolgono tutte dallo stesso lato,
pregano a bassa voce.
Il Sole s'abbassa poco a poco,
s'adunano le suore dalla stessa parte
come vicino al fuoco.
Che momento per loro!
Il sole posa come la particola più luminosa
sopra il calice più grande e più colmo,
le loro lamentazioni divengono disperate:
- Rimani, non te ne andare!
Implorano le braccia innamorate;
piangono, lo salutano,
gridano negli ultimi istanti fugaci,
e gli gettano gli ultimi baci:
– Addio! Addio! Addio!
– A domani!
- Torna, amore!
– Domani! Domani! -
I loro occhi gocciano,
s'agitano le loro braccia, le loro mani.
Cala la sera.
Le belle fiamme sono diminuite,
le suore sono impallidite,
e colle teste basse
camminano svogliate verso il monastero.
– Gelida notte.
– Notte nostra nemica.
– A ogn'altra sposa è dato
la notte più che il giorno inebriarsi
nel calore dell'amato.
– Ma è Lui che così vuole,
sol perché noi rendiamo nell'attesa
più grande il nostro amore.
– Notte degli agguati.
– Notte dei peccati.
– Fredda ironia delle stelle.
– Presto, presto sorelle, imbruna.
– Non dovesse venir fuori
quella schifa della luna.
Ciondolanti si avvicinano alla casa
ch'è la perfezione centrale dell'isoletta.
Sulla porta la superiora aspetta.
Col suo libro in mano,
piena di dignità e di compunzione,
fa la chiama abituale
della riunione.
Le suore debbono rientrare
cenare in fretta
e dopo andarsi a ritirare.
«Antonietta Solare,
Aurora del Sole,
Giuseppina Solamore,
Alba Raggi,
Isola Meriggi,
Meridiana Tornasole,
Cleofe Stelladoro,
Caterina Solastro,
Regina Solenne,
Letizia Solcontè,
Corinna e Beatrice Tramonti»
Pensate cosa sono per loro
le cattive giornate!
Piangono lacrime amare
che amareggiano sempre di più il mare.
E le sere d'inverno!
Come divengono desolati i loro colloquî!
– Hai veduto che giro corto fa?
– Sempre meno sempre meno,
se la dura così non lo vedremo
un qualche giorno
– S'alza di là… e va via di là.
– Ci sfiora a malapena e c'accarezza.
– Quale disperazione!
– Che infelicità!
– Tornerà tornerà la bella stagione.
– L'estate del nostro cuore!
– Il nostro carnevale!
– Oh! il meriggio d'estate!
– Vivere nell'ebbrezza di sentirsi dominate!
– Per tante ore!
– Penetrami!
– Struggimi! Struggimi!
– Mi sembra che minacci burrasca.
– Sei l'uccello del cattivo augurio.
– Ma quelle nubi vengono su.
– Di qui a domani non ci saranno più.
– Io non l'avevo mai goduto come oggi!
– A me è sembrato che bruciasse meno.
– A me invece è sembrato di più.
- Sguaiata.
Quelle suore non muoiono
di nessun male,
s'asciugano, s'asciugano,
si disseccano e vaniscono nel Sole
come le rose e le viole,
senza la consueta putrefazione.
Il loro Signore le raccoglie poco a poco
sotto l'azione del suo potente fuoco.
E quando una dispare,
come un roseo vapore,
resta ogn'altra prostrata ad aspettare
nella massima trepidazione,
tutta pensierosa, tutta preoccupata,
non dovesse giù ricadere
come quella volta famosa.
Dopo la cantano e l'invocano beata.
In tutto il mondo intero
è la sola città
che non ha il cimitero.
Dite, lo sapevate
che c'era quest'isoletta in mezzo al mare?
Questo bollente cuore
nel seno del gelido mare?
Siete contenti che ve l'abbia detto?
Non vi è venuta la voglia d'andare
con un piccolo vapore?
Se sapeste! Quante volte, quante volte
ho pensato d'andare a farmi frate!
Se quelle suore mi pigliassero!
Ma esse non riconoscono
che un maschio solo
nella loro strettissima clausura,
il santo della loro regola: il Sole.